E’ passato un mese da quando il governo danese e diversi partiti di opposizione hanno concordato di sospendere il prossimo round di licenze e di fissare per il 2050 la fine totale dello sfruttamento petrolifero nel Mare del Nord, da cui viene estratto il petrolio Brent, riferimento per il greggio in Europa. La Danimarca, nonostante sia un piccolo produttore, produce più petrolio dell’intera UE dopo l’uscita del Regno Unito.
L’accordo, concluso poco prima della mezzanotte del 15 dicembre 2020, ha il sostegno di sei partiti che rappresentano più dei tre quarti dei seggi nel parlamento danese. La decisione arriva il giorno dopo che l’OPEC ha annunciato un accordo per recuperare gradualmente i livelli di produzione del greggio dopo i tagli a causa del covid.
La decisione arriva dopo che la francese Total ha annunciato pochi mesi fa il ritiro della sua domanda, così come altre due società delle quattro inizialmente interessate, che avevano provocato un rinvio dell’ottavo round di licenze.
La Danimarca è il più grande produttore di petrolio dell’Unione Europea (UE), dopo la partenza del Regno Unito, con circa 137.000 barili al giorno nel 2019, numero 39 a livello mondiale, ben lontana dalla produzione dei grandi. Tuttavia, il mondo produce circa 100 milioni di barili al giorno, paesi come Stati Uniti, Russia o Arabia Saudita pompano circa 10 milioni di barili al giorno. La Danimarca è un granello di sabbia nel deserto.
“Abbiamo posto fine all’era del fossile e stabilito una linea di demarcazione tra le nostre attività nel Mare del Nord e l’obiettivo della legge sul clima, approvata nel 2019, di raggiungere la neutralità delle emissioni entro il 2050″, ha affermato il ministro Energia, Dan Jørgensen.
La Danimarca ha iniziato la sua attività petrolifera nel Mare del Nord nel 1972 e attualmente ha 55 piattaforme in 21 giacimenti, 15 di petrolio e 6 di gas, che saranno anch’esse smantellate.
Dall’inizio dello sfruttamento nel Mare del Nord, lo stato danese ha guadagnato circa 514.000 milioni di corone (69 miliardi di euro) e prevede di ottenere tra 88 e 240.000 milioni di corone (12 e 32 miliardi di euro) fino al 2050, secondo i dati di la Direzione Generale dell’Energia.